venerdì 14 febbraio 2014

Dario Fo, giullare di Dio

Chi conosce il teatro di Dario Fo (e risulta difficile non sapere almeno il nome del premio Nobel), sa cosa aspettarsi: una bellissima parabola, una lezione di storia popolare, lontana da ogni canone ufficiale e arricchita con lazzi fisici e verbali caratteristici del grande maestro. E quale migliore parabola se non quella del suo alter ego Francesco, il santo, ma anche giullare di Dio?
A quasi 88 anni – a giorni il suo compleanno, confida agli spettatori che gli regalano uno dei tanti fragorosi applausi – l’attore riesce ancora a tenere con facilità il pubblico, grazie a una gestica semplice (per forza di cose), ma precisa e pulita come sempre, grazie a un senso del tempo di attenzione della belva da domare in platea, grazie al mix folgorante e inventivo di dialetti con cui infarcisce anche questo spettacolo. Come negli ultimi allestimenti – basti pensare al recente Fuga dal senato – il palco presenta una delle tele che Fo ha dipinto con gli allievi dell’accademia di Brera: un dipinto molto grande, che ricorda per certi versi lo stile di Bosch e per altri il cubismo, ma l’atmosfera è molto più celeste, quasi epica, visto che vediamo “la scarruccata”, ovvero la caduta delle torri da parte dei ribelli guidati da san Francesco, come spiega lo stesso Fo.


Oltre alla tela, Fo, insieme a due collaboratrici, mostrerà per tutto lo spettacolo dei disegni e dipinti sulla storia di San Francesco, che poi ripone su un leggio che sembra uscito fuori da un monastero. Così facendo riprende lo stesso stile pedagogico della Chiesa ai suoi albori, quando doveva illustrare i Vangeli al popolo analfabeta.
Com’è solito fare Fo, lo spettacolo è introdotto da questa lezione sulla vita di san Francesco e sull’attualità del suo modello. Non a caso, spiega l’attore magari idealizzando un po’ il personaggio di riferimento, papa Bergoglio ha deciso di adottare il nome di san Francesco, cercando di seguirne l’esempio. Dopo questa lezione inizia il vero e proprio spettacolo, in cui Fo racconta alcuni aneddoti della vita di san Francesco meno conosciuti e censurati dalla versione ufficiale tramandata dalla Chiesa. Fuoriesce così un personaggio molto più brioso, giocondo, provocatorio ma affascinante. Come Fo, anche san Francesco si rivela un vero e proprio affabulatore: dimostra quest’arte ad esempio durante un matrimonio, raccontando della trasformazione dell’acqua in vino da parte di Gesù Cristo durante le nozze di Cana. S’innesca così un mirabolante meccanismo da Le mille e una notte, come quando il papa Innocenzo terzo racconta a san Francesco della moltiplicazione dei pani e dei pesci da parte del Salvatore.

In sostanza Dario Fo riesce in modo ammirevole a lasciare ancora una volta senza fiato gli spettatori, a catturarne l’attenzione, con uno spettacolo che, seppur storico, mostra ancora e sempre l’attualità di una figura come san Francesco. L’attore, con la sua arte affabulatoria, dimostra come ancora oggi sia necessario un predicatore giullare che ci illumini con le sue verità, anche scomode, ma quanto mai preziose. 


Lo Santo Jullare Françesco,
Visto martedì 11 febbraio 2014 al Teatro Duse
               

Fabio Raffo

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