domenica 17 novembre 2013

Un dipinto per un bacio d’amore: Perrotta riscopre la sofferenza di Antonio Ligabue

Chi ha il coraggio di negare un bacio al povero matto del paese? Nessuno, così come nessuno ha il coraggio di offrigli una carezza spontanea, un sorriso, o anche solo uno sguardo che non sia di commiserazione: nessuno dice di no, tutti si limitano a lasciare in sospeso, a rimandare al domani. E il bacio non arriva. Arriva la fama, arriva la gloria, arriva la critica a dirti che sei bravo, ma nessuno scaccia via la solitudine. È da questa triste presa di coscienza che parte Mario Perrotta, da questa richiesta diretta e innocente… un bès, dam un bès: Antonio Ligabue, di soppiatto, punta gli occhi verso il pubblico e chiede un bacio. 


Quella del pittore naif scoperto per caso dall’artista Marino Renato Mazzacurati nei boschi reggiani è una storia difficile da raccontare, perché tira in ballo davvero troppi temi: dalla follia all’emarginazione, al periodo storico tragico (si parla della seconda guerra mondiale), tutto porterebbe alla creazione di un personaggio complesso, aulicamente tragico, impostato. Nulla di tutto questo, per Perrotta: si parte dall’uomo che è dietro all’artista folle e osannato, dai suoi dolori e dalle sue sofferenze e si recupera il suo rapporto con il mondo attraverso il disegno.


È il carboncino sulla tela a guidare lo spettacolo, a dargli quel binario parallelo senza il quale, probabilmente, ci saremmo ritrovati davanti all’ennesimo monologo a effetto; le immagini che nascono dalle parole sono il punto più alto di riflessione sul personaggio, nel loro generarsi ed esaurirsi urlano al pubblico il perché del loro esistere, la ricchezza del vissuto che si portano dietro.


Insieme alla bravura del Perrotta-attore, le immagini costruiscono il personaggio Antonio Ligabue: fanno da antagonista, da co-protagonista, da servo di scena, da scenografia. Il disegno diventa parte integrante della vita raccontata e il racconto non può staccarsi dalle immagini. Allora lo sguardo puro dell’artista autodidatta e istintivo si allarga, arriva a inglobare tutta la scena perché si proietta nelle sue opere. 


L’incomprensione, l’emarginazione, la follia e il genio portano il Toni a scontri diretti con il mondo del reale, con quelle immagini ben più dure e crude dei suoi disegni: con gli uomini. E alla fine, Perrotta lo riconduce al suo rapporto univoco con la natura, all’essenziale che salva dalla sterilità dell’uomo e dalla sua cattiveria. Fugge da Gualtieri, El Matt, fugge da quelle radici impostegli dalla società, da quel paese che lo rifiuta e si rifugia tra i pioppi, portandoci via con sè: una scenografia di sole luci che riesce ad annullare le poltroncine dell'Itc Teatro, a catapultarci sulle rive del Po tra l’argilla usata per le sculture e le grandi aquile che ossessionano la memoria del povero folle fino al suo riconoscimento come artista, al suo successo, al suo isolamento definitivo. Se c’è un colore caldo nella storia di Ligabue raccontata da Perrotta, è quello della natura; della simbiosi con gli animali, con l’acqua che scorre, con il fieno che riscalda e la coscienza di come questo immenso tesoro sia rivelato solo a chi ha occhi ancora capaci di vederlo. Nei palazzi romani, santuari dell’arte che si mostrano ben lieti di ricevere il genio di Ligabue, i piedi scalzi risuonano più dei tacchi a spillo e la società è pronta ad accettare l’estro, l’irruenza, il carattere bieco e scontroso dell’artista ma rimane indifferente alla sua sete di affetto, ai suoi occhi che implorano.
Finisce così, la storia di Ligabue, con un rifiuto testimoniato su video. Perrotta si presta al racconto anche dopo la morte, non si nega alla rabbia del “poi”: milioni di occhi che piangono, ma cosa?  La perduta occasione, l’incapacità di saper valutare, il quadro ormai regalato che ha perso ogni valore mentre l’uomo resta solo, nella sua bara. A chiudere la storia di continui rimandi, rifiuti e delusioni, Perrotta lascia la scena a Ligabue, alle sue immagini, ai suoi quadri. Ai suoi occhi strabuzzati che donano un disegno in cambio di una carezza, ancora una volta negata.

Un Bès – Antonio Ligabue di Mario Perrotta / primo capitolo del Progetto Ligabue

Visto all’ ITC Teatro di San Lazzaro, il 13 novembre 2013.

Elvira Scorza

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